La lunga marcia di Musumeci

 Dunque, la Sicilia ha un nuovo Presidente: è Nello Musumeci. Eletto col 40% dei voti contro il 35 di Cancelliere: non proprio “un soffio” come dice il Ragazzino che vorrebbe andare a Palazzo Chigi. Certo, il distacco sarebbe stato ancora maggiore se molti sempliciotti non avessero dato credito alla insulsa campagna grillina sugli “impresentabili”. Impresentabili – sia detto per inciso – che non appartenevano alle liste di Musumeci, ma a quelle dei suoi alleati “moderati”, quelli che fino all’ultimo si erano battuti per evitare il “pericolo” di una sua candidatura alla Presidenza della Regione. A proposito, avete visto che batoste hanno preso certi illustri “moderati” nei voti di preferenza? A Palermo, per esempio?

Veniamo invece a Nello Musumeci, il nostro Presidente, il Presidente – come lui ama dire – di tutti i siciliani.

Nello entra a Palazzo d’Orleans con 16 anni di ritardo. Avrebbe dovuto arrivarci nel 2001, quando una Alleanza Nazionale non ancora del tutto “finizzata” propose la sua candidatura ai partiti alleati. Ma non ci fu nulla da fare. I “moderati” fecero le barricate: troppo di destra, troppo legato all’eredità del MSI, nessuno disse “troppo fascista” perché allora certe idiozie non imperversavano come oggi. E quando si obiettò che quel missino sui generis era diventato Presidente della Provincia di Catania anche con i voti comunisti e che era stato un ottimo ed irreprensibile Presidente, qualcuno tra i moderati obiettò che però «a Nello non ci si po’ parlare di certe cose».

E così, forse per evitare lo stallo di «certe cose», Nello Musumeci non fu candidato. Gli si preferì Totò Cuffaro. I siciliani lo subissarono di voti: il 59,1%. Per quel che conta, mancò il voto dell’allora deputato di A.N. del Collegio di Trapani, che alla luce del sole votò per Leoluca Orlando. Ma – si sa – quel deputato era un tipo originale, uno che presentava strane interrogazioni parlamentari e che, comunque, nel giro di poche settimane avrebbe tolto il disturbo. Chiusa parentesi.

Nel 2001, dunque, Nello Musumeci non fu candidato. Con lui in lista, il centro-destra avrebbe forse preso qualche voto clientelare in meno e qualche voto d’opinione in più. Ma, soprattutto, la Sicilia non avrebbe vissuto certe imbarazzanti stagioni politiche (Cuffaro, Lombardo, Crocetta) ed avrebbe forse oggi qualche miliardo di euro di debiti in meno.

Salto a pie’ pari una decina d’anni (durante i quali a destra avviene un terremoto: scioglimento di AN, rottura Fini-Berlusconi, Lista Mussolini, La Destra di Storace, eccetera) e riprendo il filo del discorso dal 2012, quando la candidatura Musumeci viene riproposta con forza all’attenzione del centro-destra. Questa volta non era possibile sacrificarla a pro del Cuffaro di turno (anche perché il buon Totò era, diciamo così, impedito), e i “moderati” erano costretti a bere l’amaro calice. Nello Musumeci era, così, designato come candidato del centro-destra alla Presidenza della Regione Siciliana. Vento in poppa, tutti i sondaggi a favore, si era certi che la solida maggioranza siciliana di centro-destra avrebbe avuto facilmente partita vinta, anche perché Musumeci era un candidato apprezzato da tutti. A fronteggiarlo, le avanguardie di un grillismo ancora marginale ed uno strano candidato della sinistra, tal Crocetta Rosario da Gela. Ebbene, sovvertendo tutte le previsioni, a vincere era proprio l’improbabile Crocetta: 30,4% contro 25,7%. Come mai? Mistero. Qualcuno fece il nome di qualche grosso calibro moderato che avrebbe spostato grossi pacchetti di voti verso Crocetta. Ma, naturalmente, erano soltanto ipotesi, prive di alcun riscontro oggettivo. Così, la Sicilia ebbe in grazioso dono il quinquennio del signorino di Gela.

Ed eccoci al 2017. Il centro-destra siciliano organizza le primarie e, naturalmente, Musumeci le stravince, praticamente all’unanimità. Ma ecco che l’uomo di Arcore – pappa e ciccia con Micciché – blocca tutto e dice che le primarie non contano un ciufolo. E subito s’apre il vaso di Pandora dei “moderati”. In prima linea Totò Cuffaro, il noto “perseguitato politico” (definizione di Pierferdinando Casini) appena scarcerato. Muro contro muro. L’ostacolo insormontabile era il Cavaliere senza cavallo, che ad Arcore riceveva una serie di singolari personaggi, facendo filtrare la notizia che il Tizio era molto bravo e che il Caio avrebbe potuto essere un ottimo candidato.

Alla fine, però, il Berlusca si ritrovava con al suo fianco il solo Micciché, subissato dalle rimostranze degli stessi deputati regionali di Forza Italia, che si chiedevano perché mai si dovesse rinunziare alla vittoria con Musumeci per inseguire la sconfitta con qualche candidato non proprio carismatico. Domanda non impertinente.

Comunque, sia andata come sia andata, alla fine il Cavaliere ha dovuto fare buon viso a cattivo gioco, e rassegnarsi a vincere le elezioni siciliane.

Così, la lunga marcia di Nello Musumeci alla volta di Palazzo d’Orleans è giunta finalmente al traguardo. Peccato, perché si sono persi per strada 16 anni che avrebbero potuto essere impiegati per il riscatto della Sicilia.

Adesso, bisognerà marciare a tappe forzate, sapendo di avere contro tutti i poteri forti che vogliono rapinare la Sicilia delle sue risorse. E che impiegheranno ogni mezzo per intralciare il cammino del Governatore. Ma in Nello Musumeci troveranno un osso veramente duro. Ci hanno già provato in tanti a mozzicarlo. E si sono rotti i denti.

MICHELE RALLO (Trapani)

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