MIUR: riforma, controriforma e riforma della controriforma!

Acque sempre più agitate, se non addirittura rischio sabbie mobili, attorno al processo di riorganizzazione del MIUR.  Il 26 dicembre scorso è entrato in vigore il DPCM n. 140 del 21 ottobre 2019 contenente il Regolamento di organizzazione del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca scientifica. Per dare attuazione al predetto processo riorganizzativo dopo lo sconquasso creato dal D.L. n. 104 del 21 settembre 2019, il ministro Fioramonti si era affrettato a nominare – come previsto – i Capi dipartimento del Ministero. Per il Dipartimento del sistema educativo, di istruzione e formazione, la scelta era caduta su Carmela Palumbo, per la quale si trattava di una riconferma nell’incarico. Per il Dipartimento dell’ istruzione superiore (ex università) e della ricerca la scelta era caduta su Fulvio Esposito, docente universitario già Rettore dell’ Università di Camerino in sostituzione di Giuseppe Valditara nominato dal ministro Bussetti. Al Dipartimento per le risorse umane, finanziarie e strumentali era stata preposta  Giovanna Boda, direttore generale della D. G. dello studente. Tutto sembrava avviato verso il successivo passaggio delle nomine dei direttori generali e, quindi, finalmente, delle assegnazioni dei dirigenti e del personale alle nuove unità ”riorganizzate”. Senonché, più o meno a 48 ore dall’entrata in vigore del Regolamento di cui si è detto, arrivava la notizia delle dimissioni del ministro Fioramonti e, ancor più deflagrante , quella dello sdoppiamento del MIUR (con un’operazione chiamata brutalmente “spacchettamento”) in due Amministrazioni distinte e separate: quella dell’Istruzione e quella dell’Università (oggi istruzione superiore) e della Ricerca. Non è facile trovare parole adeguate per commentare sinteticamente le dimissioni del Ministro e lo sdoppiamento del Ministero. Si intuisce fin troppo bene che dietro i due fatti esiste ed agisce un groviglio di interessi politici più o meno confessabili, quali quello di ridurre le tensioni politiche interne alla maggioranza di governo raddoppiando il numero della poltrone. Ed ora una domanda: cosa accadrà sul piano pratico e sulla riorganizzazione “in progress” di un ministero destinato a sdoppiarsi?

A questo punto alcune domande sorgono legittime e spontanee e richiamano l’attenzione di chi, in un modo o nell’altro, è chiamato a gestire o a controllare l’intera vicenda.

Domanda n.1: che fine fa il DPCM n.140 del 21 ottobre 2019, che contiene la riorganizzazione generale di un solo Ministero e non di due Ministeri distinti? E quali sono i successivi atti normativi per superare lo stallo che si è venuto inevitabilmente a creare?

Domanda n.2: le nomine dei Capi Dipartimento, disposte dall’ex ministro Fioramonti, rimangono confermate o sono sottoposte all’ alea della nuova gestione politica e alle inevitabili tentazioni dei nuovi vertici?

Domanda n.3: in un momento in cui si è alla ricerca affannosa  di risorse finanziarie da destinare alla scuola e alla ricerca senza incidere sul debito pubblico, qualcuno si è posto il problema dell’aggravio dei costi di questa operazione? Due Ministri, due Capi di Gabinetto, due segreterie particolari, due uffici Stampa, due uffici legislativi, due Organismi interni di valutazione, ecc. ecc. C’è qualcuno che si è posto il problema dell’inevitabile e non trascurabile raddoppio dei costi? E ciò a prescindere da ogni valutazione di merito sull’ opportunità di ritornare a dividere, per evidenti convenienze politiche e partitiche, due aree fondamentali e complementari del sistema formativo nazionale.

Domanda n.4: l’intera operazione, nei suoi risvolti politici,  economici e culturali, sarà il ritorno all’ ordine preesistente o l’inizio di un nuovo disordine?

Fin qui una valutazione tecnico-politica sulla struttura organizzativa del MIUR che necessita –  come evidenziato –  di ulteriori tempi per poter riprendere una sua funzionalità. Ma a questo punto non possiamo esimerci dall’ esprimere un giudizio fortemente negativo sul comportamento politico e personale dell’ex ministro Fioramonti, che in queste ultime ore ha fatto sapere di essersi dimesso anche dal partito che lo aveva fatto eleggere e di aver aderito “a titolo personale” (parole sue) al gruppo misto.

Ora, signor Ministro, per confermare le “nobili ragioni” delle sue dimissioni dall’incarico, corregga o smentisca la notizia di essere moroso per ben 70.000 mila euro di quote non versate con il Movimento 5 Stelle a fronte dell’impegno sottoscritto a suo tempo e non onorato.

Un fatto che, se è vero, getta un’ombra sulle “nobili” ragioni della duplice scelta effettuata.

Una precisazione che saremmo ben lieti di pubblicare!

 

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