La comunità scolastica del Liceo Anco Marzio (Roma)

A Scuola Sì Ma Non Così

La comunità scolastica del Liceo Anco Marzio (Roma) intende, con la presente comunicazione, manifestare forte perplessità e vivo sconcerto rispetto alle direttive emanate alla vigilia di Natale dall’Ufficio Scolastico Regionale in accordo con la Prefettura di Roma. Direttive che, ancora una volta, scaricano sulla scuola l’incapacità strutturale da parte del Governo di programmare e realizzare una politica anticipatoria, peraltro disattendendo la logica e la forma della norma sull’autonomia scolastica. Tali provvedimenti presentano diversi e complessi elementi di criticità. Inoltre, per la prima volta non prendono in considerazione, con le opportune deroghe, le specifiche esigenze e relative prerogative dei ragazzi con disabilità. Tra questi la difficoltà e talvolta l’impossibilità di riorganizzare, a questo punto dell’anno, l’orario del personale docente, con particolare riferimento alle cattedre esterne, per le quali è necessario in diversi casi raggiungere accordi con scuole fuori ambito o fuori Comune; la necessità di riformulare, a fronte degli ingressi scaglionati, l’orario del personale ATA, con la conseguente difficoltà di garantire adeguata sorveglianza e pulizia dei locali; la difficoltà di consentire un tempo adeguato per il recupero dei debiti e lo svolgimento dei Piani di Apprendimento Individualizzato, dato il prolungamento, di fatto, del tempo-scuola, oscillante fra le 8.00 e le 15,15;la difficoltà, non trascurabile, relativa alla riorganizzazione interna delle famiglie, data la frequenza su 5 giorni di tutte le classi ma comprensiva del sabato: cambiamento sostenibile, ma non per tutti e non sempre senza pesanti conseguenze. La difficoltà per i ragazzi di riorganizzare la propria giornata (orario prolungato e sabato a scuola, distanza a volte notevole dall’istituto), che modifica radicalmente i tempi di studio possibile e di vita. A questo proposito, si intende sottolineare con forza che l’importante progetto di inclusione che caratterizza nello specifico questo Liceo e ne costituisce da anni il punto di forza, grazie all’impegno costante della Dirigenza, delle Funzioni strumentali, dei docenti di sostegno e dell’intero personale, rischia di essere inevitabilmente penalizzato dall’applicazione dei provvedimenti in oggetto. Infatti, si consideri quanto segue: Il trasporto disabili fornito dalla Città Metropolitana non ha un orario flessibile, non concede cambi di orario neanche tra l’orario provvisorio e quello definitivo (tra settembre e ottobre); non effettua servizio il sabato. Ogni cambiamento di orario richiede tempi assolutamente non compatibili con l’urgenza delle modifiche richieste entro il 18 gennaio. Pertanto molte famiglie resterebbero lungamente prive dì questo servizio e gli alunni sarebbero conseguentemente privati del diritto all’istruzione. Per le famiglie degli alunni con disabilità grave un giorno infrasettimanale a casa provocherebbe notevoli problemi organizzativi a genitori che lavorano e non avrebbero modo di occuparsene, né potrebbero usufruire di assistenti, o parenti disponibili. La routine degli alunni con disabilità non è flessibile, non solo per le rigidità connesse a molte patologie (che richiedono, al contrario, stabilità, ripetizione, sicurezza), ma anche perché spesso il sabato (proprio perché libero da impegni scolastici) è dedicato alle terapie. Alcune famiglie potrebbero trovarsi costrette a non mandare a scuola i figli il sabato (con ulteriore riduzione dei diritti di questi ragazzi); di conseguenza, in quel caso, il docente di sostegno, dovendo essere in servizio in classe, sottrarrebbe ore di didattica all’alunno, oppure dovrebbe concentrare tutte le ore nei restanti 4 giorni. Il docente di sostegno ha tra le 2 e le 3 classi che, molto probabilmente, staranno a casa in giorni diversi. Può accadere che, nell’ottica della serietà del lavoro, mantenendo fermo il criterio di coprire le ore e le discipline, debba subire un orario fortemente iniquo rispetto agli altri docenti, e comunque distribuito su un arco orario molto esteso (presenza di molti cosiddetti ‘buchi’)un elevato numero di docenti di sostegno del nostro Istituto è impegnato nella frequenza del TFA o nelle lezioni dei corsi dell’anno di prova, che si tengono entrambi il sabato mattina: saranno costretti. quindi ad assentarsi, lasciando scoperti gli alunni con disabilità e/o difficoltà di apprendimento. Il preziosissimo servizio di assistenza specialistica non è strutturato per coprire il sabato, con i conseguenti gravi problemi per la copertura degli alunni con disabilità e/o difficoltà di apprendimento. Anche una sola famiglia in difficoltà, anche un solo ragazzo impossibilitato a frequentare e ad essere seguito, costituisce, nella nostra prospettiva, una lesione di quel “diritto soggettivo all’istruzione” che sembra essere la bandiera delle attuali direttive; un vero e proprio esempio di condotta discriminatoria. Si tengano presenti, inoltre, le seguenti considerazioni: La DAD, o, come è da qualcuno definita, “didattica di emergenza”, è stata messa in atto con abnegazione, professionalità e versatilità fin dall’inizio dell’emergenza sanitaria. Per quanto tale modalità non sia nemmeno lontanamente un surrogato dell’esperienza vitale, sociale, democratica ed inclusiva che la Scuola costituisce, essa è stata utilizzata per garantire la continuità del percorso formativo. Il periodo di DAD non è esattamente equivalente alla “chiusura della scuola” o alla sospensione del servizio da parte dei docenti, chiamati anzi in causa, anche in presenza di vistose carenze strutturali, a reinventare faticosamente la propria professionalità nei modi e nelle forme. Il “diritto soggettivo degli studenti all’istruzione” deve essere garantito, così come la possibilità di esercitarlo in piena sicurezza e in condizioni fruibili effettivamente da tutti e da ciascuno. I diritti non devono diventare strumenti di propaganda ad uso e consumo di leader o parti politiche interessate ad affermare se stesse, non certo il bene comune. Il reperimento di spazi più ampi per la didattica non può avvenire in tempi ristretti, ma richiede una progettazione che avrebbe dovuto partire dall’inizio dell’emergenza andando di pari passo con la cancellazione delle cosiddette ‘classi pollaio’, ben sapendo che l’autorizzazione a formare classi numerose, comunque non adeguate alle vigenti norme di sicurezza, avrebbe imposto soluzioni non praticabili né in termini di risorse finanziarie né umane. La capacità di adattamento, di resilienza, di trasformazione della classe docente rispetto ai tagli finanziari, alle vessazioni e alle strumentalizzazioni, nonché alla burocratizzazione in atto da decenni in questo paese, non deve far pensare che tutto possa ormai piombare sul mondo della scuola trovando inerti, rassegnati e depotenziati coloro che ne fanno parte. La scuola è un organismo complesso, costituito da diverse componenti (non solo docenti, ma personale ATA, famiglie, studenti) che non possono puramente accettare ciò che viene stabilito in ambiti molto lontani dalla concreta realtà della scuola e dei singoli istituti, a compensare le falle di altri enti e settori della società e dello Stato. Alla luce di queste considerazioni, si chiede che siano revocati i provvedimenti in oggetto e che sia restituita alle scuole la propria autonomia nel predisporre un’organizzazione che garantisca il più possibile la presenza degli allievi, il diritto di tutti e di ciascuno alla salute, all’istruzione, alla sicurezza, in base a soluzioni condivise dalle diverse componenti scolastiche. *
Aderisco all’appello

Stampa comunicato